ASSOCIAZIONE REGRESSO ARTI

 

25 Agosto / 23 Settembre:

EMIDIO ALOISI - mostra retrospettiva

Mondavio (PS), Chiostro Francescano
(a cura di Maurizio Cesarini e Sandro Ciriscioli con la collaborazione dell'Associazione Regresso Arti)


Emidio Aloisi - Mondavio (PS), 10.01.1961- 20.02.2000.
Diplomato all'Accademia di Belle Arti di Urbino.
Ha insegnato Anatomia artistica nelle Accademie di Belle Arti di Urbino, Catania, Bologna.

Mostre collettive:

1980. Ancona - Sala Trani, 1A mostra d'arte Giovani artisti marchigiani
1980. Mondavio (PS), 1A Rassegna Artisti di casa nostra
1981. Ancona - Istituto marchigiano Accademia di Scienze, Lettere e Arti, Anteprima 81, a cura di Miklos N. Varga
1981, Ferrara - Centro Attivit� Visive Palazzo dei Diamanti, Anteprima 81, a cura di Miklos N. Varga
1981. Venezia — Galleria II Canale, Indipendenze?
1981. Falconara Marittima (AN) - Castello, Occhio alla mostra
1981. Mondavio (PS), 2A Rassegna Artisti di casa nostra
1981. Milano - Galleria d'arte San Fedele, Quadro giovani
1982. Sassoferrato (AN), XXXII Rassegna G.G.Salvi
1983. Castello Estense (FE), XII Mostra - concorso d'arte
1983. Milano - Galleria d'arte San Fedele, Incisione giovani
1984. Fano (PS) - Sala Collegio Sant'Arcangelo 1984., Mondavio (PS), Rassegna Artisti di casa nostra
1987. New York, Metro Art
1987. Padova, Museo Civico Agli Eremitani
1988. Camerano (AN), Premio Maratti, a cura di Mariano Apa e Claudio Segantini
1988, Brescia - Sale del Torchio, Associazione Artisti Bresciani
1988. Milano - Galleria Ken Damy
1989. Jesi (AN) Artisti giovani, a cura di Armando Ginesi
1989. Jesi (AN) - Palazzo dei Convegni, Visione, a cura di Silvia Cuppini
1990. Sassoferrato (AN), Rassegna G.G.Salvi
1990. Padova, Mostra - concorso d'arte Villa Contarmi
1992. Monte San Vito (AN)
1994. Sitran d'Alpago (BL), 6A edizione Portici inattuali
1995. Fermignano (PS), 1� Premio Nazionale Fabio Bertoni
1999. Mondolfo (PS),
Chiostro di S. Agostino, Mostra del Gruppo Regresso Arti
2000. Maslianico (CO),
Spazio Euroburgo, Incisori di Urbino, a cura dell'Associazione Regresso Arti
2000. Orciano (PS), Ex convento Santa Caterina, Artearte
2002. "INCIDERE" Grafica d'Arte dall'Accademia di Belle Arti di Urbino 1970 / 2002. Palazzo del Collegio Raffaello, Urbino (PS)

Mostre personali:

1993. S. Giorgio di Pesaro, Circolo culturale La Cupetta
1997. S. Michele al Fiume (PS), Sede Banca di Credito Cooperativo
1998. Mondavio (PS), Mastio della Rocca roveresca
2001. Mondavio (PS), Chiostro francescano, mostra retrospettiva

 

incisione:

 

 

 

pittura:

 

 

scultura:

 

 

 

 

Abituati dai libri di scuola a considerare la storia umana come la storia di imperi e dinastie, guerre e condottieri, quasi sempre finiamo per dimenticare che essa invece � soprattutto storia di idee, di speranze e valori, di sogni ed errori. Un continuo divenire di conoscenze e sensazioni mai sufficienti a svelarci compiutamente il presente e il futuro, sempre sul punto di acquietare la nostra curiosit�, ma mai in grado di saziarla.
Anche Emidio non sfuggiva alla morsa di quest'ansia; anzi, la sua sensibilit� gli faceva cogliere ancor pi� il peso dell'essere uomo in un mondo cos� poco incline ad ascoltare i silenzi e le grida di un artista.
Altri diranno del valore della sua ricerca nel campo dell'arte. A me, che l'ho conosciuto fin dall'infanzia e che l'ho visto al lavoro fin dalla giovinezza, il rispetto per l'uomo imporrebbe di rimandare ogni sentimento ed ogni sensazione a ci� che ciascuno prover� di fronte alle sue opere, che nessuna mia parola potrebbe essere pi� eloquente di quanto Lui stesso ha saputo dirci attraverso quelle, ma questo catalogo, meritoriamente voluto dagli amici e alla cui realizzazione l'Amministrazione Comunale non poteva non contribuire, mi impone di ricordare l'amico, la malinconia di molti suoi giorni e la luce delle sue tele, i suoi racconti sempre sospesi tra realt� e sogno, quasi fosse convinto di trasformare quella con questo anche nel quotidiano.
La sua prematura scomparsa ci ha privati di un amico, gentile e scanzonato, che aveva fatto della fantasia un elemento fondante del suo vivere da uomo libero.
Ringrazio i curatori Maurizio Cesarini e Sandro Ciriscioli che hanno voluto e saputo ricordare Emidio con competenza ed evidente amore, realizzando questo catalogo che certo contribuir� a far meglio conoscere il nostro "caro pittore" (cos� ero solito salutarlo e cos� mi piace ricordarlo).

Mondavio, giugno 2001

II Sindaco di Mondavio (PS) Sebastiano Dominici


Nel film di Francois Truffaut, La camera verde, il protagonista, alla scomparsa della moglie, decide di costruirle un luogo di devozione e, dopo aver fatto innamorare di s� una giovane donna, sceglie di lasciarsi morire. Egli compie l'estremo gesto quando ha realizzato un altare illuminato dalle luci tremolanti di candele. In una delle ultime sequenze, attraverso una carrellata, si scorgono accanto all'altare, foto di gente comune accanto a riconoscibili artisti. Il protagonista decide che � arrivata la sua ora nel momento in cui la donna gli testimonia il suo amore: un gesto, il suo, che riscatta la tragicit� dolorosa della scomparsa attraverso l'amore di coloro che tengono in vita con la forza e la passione del ricordo. Truffaut vuole significare che solo l'amore e l'arte trasformano la vita in una traccia indelebile che non si dissolve ma perdura nel tempo.
Leggendo le appassionate testimonianze e i personali, sentiti ricordi dedicati alla figura e all'opera di Emidio Aloisi, troviamo conferma dell'ipotesi che il sentimento mantiene vivo chi non ci � pi� accanto e che la sua opera rappresenta, unica ed insostituibile, un elemento incancellabile dell'esistenza.
Emidio Aloisi era un artista di estrema sensibilit� e la sua ricerca, rarefatta e sommessa, si incentrava sulle tracce e sulle impronte. Le tracce sono segni che in molti casi devono essere scovati, forse perch� nascosti, rinnegando la perentoriet� del gesto urlato. Le impronte segnano, invece, in maniera indelebile ed inoppugnabile la propria individualit�; quelle create da Aloisi, come calchi di una natura evocata, sono ottenute attraverso "spessori", rilievi che assorbendo luminosit� lattiginose, descrivono un luogo dell'anima. Grazie a quelle che Emidio definiva pagine di un ipotetico diario quotidiano, siamo in grado di sentire ancora una volta la sua insostituibile voce. E' ad essa che l'Accademia, il luogo dove si era formata e affinata, rende omaggio: una voce che grazie all'arte ha avuto la forza di non spegnersi e di non allontanarsi da noi.

Urbino, giugno 2001

Umberto Palestini


Ho dei ricordi molto vivi di Emidio. E inevitabile, ci conoscevamo fin da bambini e abbiamo continuato a frequentarci da adulti. Abbiamo condiviso giochi infantili, esperienze, serate noiose, notti brillanti, alcuni viaggi decisamente eccitanti e altri un po' meno.
La memoria va a quando, guida alla mano, cominciavamo a visitare metodicamente, dalla a alla z, tutte le gallerie d'arte e i musei di una citt�, fosse Roma, Praga o Berlino. Naturalmente, ero io a stabilire la procedura, lui non ne voleva sapere di sistematicit�, si limitava a chiedere: "Dov'� la prossima?". E in questi frangenti che mi ha insegnato ad apprezzare l'arte. A volte si limitava, senza proferire parola, a indicarmi con il dito un particolare, mentre io avevo dato solo una svogliata occhiata all'insieme, senza notare l'unico dettaglio veramente interessante. Altre volte esclamava: "Guarda che luce" o "Come vorrei fare anch'io un nero cos�!".
Quando vedeva qualcosa che gli piaceva veramente, restava a guardarla estasiato, con un entusiasmo quasi fanciullesco. Il pi� delle volte, si trattava di sculture. Cominciava a osservarle da ogni lato, sorridendo. Ogni tanto gli sfuggiva un "Bravo, eh?". Era inutile rispondergli, in quei momenti si poteva dirgli qualsiasi cosa, volendo si poteva anche insultarlo, perch� tanto lui non sentiva; praticamente, tutti i suoi sensi erano rapiti dalle forme che aveva davanti.
Non posso commentare la sua opera artistica, non sono abbastanza competente per farlo. Quando gli chiedevo se fosse un concettuale, mi rimproverava dicendomi che avevo la mania di voler etichettare tutto. L'unica cosa che posso dire � che in quasi tutti i suoi lavori mi sembra di intravedere una vena di tristezza.
D'altra parte, anche nella vita era frequentemente malinconico, ma con pacatezza. L'ultima volta che l'ho visto veramente felice, risale all'estate 1999. Ci trovavamo a Berlino. Era letteralmente affascinato da quella citt� piena di vita, con una scultura ad ogni angolo di strada. L� incontrammo un ragazzo italiano, padre napoletano e madre svedese, che vi si era stabilito da diversi anni. Ci raccont� le sue numerose traversie. "Pazienza, - ci disse - mi sento comunque fortunato. Ho comunque vinto una grande lotteria: la lotteria della vita. Mio padre e mia madre si sono incontrati per caso fra miliardi di persone. Fra centinaia di milioni di spermatozoi, proprio quello che mi ha generato � arrivato all'ovulo; se ci arrivava un altro, nasceva mio fratello. Sono nato, sono vivo e tanto mi basta". Mi ricordo che a Emidio quel ragionamento piacque molto. Peccato che, invece, abbia voluto rinunciare a quella vincita.

San Michele al Fiume, giugno 2001

Giorgio Mencarini


Dal bianco alla luce

Ritengo che l'opera artistica di Emidio Aloisi, in particolare quella incisoria, sia esplicitata con sintetica semplicit� e nel contempo con profonda completezza da alcune sue stesse affermazioni
"...il bianco � la carta - la luce lo spessore"...;
"...frammenti di realt�, di memoria in un progressivo cercare me stesso nei segni, nella scrittura che � l'incisione...;
"...un'immagine rarefatta di natura che si svela e si identifica attraverso una traccia, un segno, un rilievo...".
Bianco-luce: questi due termini sono sufficienti da un lato per immergersi nell'infinita ricchezza di una simbologia senza tempo, dall'altro per avvicinarsi alla comprensione di una poetica inquieta, tesa a ricercare il rapporto e il senso tra il s� e il mondo circostante, in un continuo tentativo di superamento di una realt� apparente ed ingannevole.
Sotto il profilo simbolico (numerosissimi sarebbero gli esempi da prendere in esame) il bianco non � soltanto l'opposizione al nero, ma insieme a quest'ultimo si pone alle due estremit� della scala cromatica; ovvero nelle sue varianti di opacit� e di brillantezza va a significare l'assenza o la presenza di tutti i colori.
Wassily Kandinsky affermava che "il bianco, che molti considerano spesso un non- colore, � come il simbolo di un mondo nel quale sono spariti i colori in quanto propriet� delle sostanze materiali .. Il bianco opera nella nostra anima come il silenzio assoluto. Il silenzio non � morto, trabocca invece di possibilit� vive. E' un niente pieno di gioia giovanile o, per meglio dire, un niente antecedente la nascita, antecedente l'inizio".
Proseguendo tra i meandri della simbologia, limitatamente a quelli che in questo contesto mi appaiono pi� prossimi all'opera di Aloisi e cercando conferma delle tesi kandinskiane, viene naturale ricordare che il bianco diviene l'indicatore delle variazioni di condizione dell'essere: se in molti rituali erano vestiti di bianco coloro che erano candidati - candidus - a funzioni pubbliche, anche oggi nella nostra cultura sono vestiti di bianco i comunicandi, come � bianco l'abito di colei che va verso lo sposalizio, ovvero verso il gi� citato mutamento di condizione dello stato dell'essere. Se � vero che il bianco investe il concetto della purezza, � altrettanto vero che originariamente � un colore neutro, ovvero ricco di potenzialit� che possono esprimersi, ma che ancora sono rimaste inespresse (nel mondo cristiano bara e fiori bianchi destinati alla sepoltura di un bambino sono espressione di uno stato ancora verginale).
Maggiormente indicativo � il fatto che il bianco sia stato assunto in termini iniziatici ed in modo privilegiato tanto dalle popolazioni dell'ovest quanto da quelle dell'est. Se ad ovest il bianco � quello opaco che progressivamente spegne i colori e ne caratterizza l'assenza procedendo verso l'oscurit� della notte - privazione della coscienza -, ad est il bianco � quello della ri-nascita: l'alba imbianca lentamente il cielo, ricca del suo potenziale manifestarsi e manifestare la realt�, pur tuttavia l'alba non � ancora l'aurora. Non � il bianco "neutro" dei due momenti sopra descritti, ma � l'avvento della "luce" - affermazione dei colori - a consentire il riconoscimento del mondo "materiale" e a permetterne la riacquisizione cosciente. Prima � "l'antecedente la nascita" di Kandinsky, poi � la "ri-nascita".
Ricordiamo sempre che per Aloisi "il bianco � la carta - la luce lo spessore". Ovvero un bianco di per se stesso neutro, "stato di pre-nascita", dal quale, attraverso lo spessore o il segno affannosamente inseguiti (... "in un progressivo cercare me stesso nei segni..."), Emidio avverte, vuole e sente di poter far proprio quello stato di rinascita, ovvero di appagare lo struggente bisogno di riconoscimento di se stesso e del mondo, di quel mondo "rarefatto" che attraverso la luce gli offriva la possibilit� dello "svelamento" della natura.
Non � questo il luogo per dibattere un problema che potrebbe essere di qualche interesse, ma non certo breve. Mi sia egualmente permessa una piccola digressione, un pensiero che si affaccia alla mente tra un lieve sorriso e un sentimento di nostalgia.
Si � detto che bianco e nero sono posti entrambi ai due poli della scala cromatica: immagino quante partecipate discussioni possano aver animato i dialoghi di Emidio Aloisi (da me conosciuto a casa di Paolo Fraternali) con il suo maestro -amico e grande artista Fabio Bertoni.
Ricordo personalmente che quando qualcuno chiedeva a Fabio perch� nelle sue opere vi fosse presente cos� tanto "nero" egli, un po' trattenuto, ma quasi acceso nel tono, rispondeva: "nero? quale nero? il mio nero non � nero".
Riflettendo un po' pi� attentamente e avendo conosciuto, per mia buona sorte, le idee, gli intendimenti, la poetica, la profonda intuizione di Fabio e lo stretto rapporto con quei suoi allievi che dopo poco tempo non erano pi� soltanto allievi, penso che tra quel "nero non nero" e quel "bianco non bianco se privato del segno che � luce" vi fosse animazione, ma forse con grande distanza, nel pieno, costante rispetto dell'emersione di individualit� comunque autonome.

Urbino, giugno 2001

Franco Martelli


Versatile e irrequieto, l'artista sperimenta diverse possibilit� espressive nei vari materiali: dall'incisione alla scultura alla pittura. E' affascinato dalla lastra che costituisce la base della scrittura del suo universo personale. Attratto dagli spessori materici delle morsure, Aloisi sperimenta tutte le possibilit� di resistenza della materia alla violenza del gesto, per ricomporre sul piano dell'arte le diverse pulsioni della natura che nell'esistente provoca la vita nel suo divenire. Scrive nell'autopresentazione per la Rassegna San Fedele, Incisione Giovani, Milano 1983: La mia ricerca � un recupero, un'immagine rarefatta di natura, natura che si svela e che si identifica attraverso una traccia, un rilievo: sino a dare una dimensione fantastica delle cose.

Silvia Cuppini
in Cronovideograf�e Pesaro tra provincia e mondo 1945-1980, a cura di V. Morpurgo - S. Cuppini - G. Calegari, Panini, Modena 1990.


Emidio aveva dentro un'inquietudine permanente che quando trovava il canale giusto si manifestava in opere eclettiche che spesso facevano supporre si trattasse non di uno "studente" ma di uno sperimentatore sicuro di s� che si avventurava nella giungla dell'immagine moderna per appropriarsene fino a darne una realizzazione tutta sua. Siamo nell'Ottantuno e ricordo i suoi quadri dove un segno nervoso, quasi un neopuntinismo, scandiva lo spazio. Altre volte con uno scarto d'umore fonde maschere di bronzo o riprende reperti naturali per creare delle presenze inquietanti che vivono fra realt� e astrazione. Notevoli sono le incisioni bianche che fanno pensare a una sua fuga in oriente, un viaggio dal quale non � pi� tornato.

Urbino, 8 Giugno 2001

Vincenzo Eulisse


Per Emidio

Nella riflessione del fenomeno osservato
cos� una volta C�zanne defin� il suo metodo di lavoro, ovvero sulla possibilit� ancora di vedere e riflettere o di vedere il riflesso della visione o di osservare l'istante riflettersi. Sempre e comunque si tratta per� di una connessione della possibilit� di creare linguaggio, di strutturare pensiero.

Colui che non sa niente, non ama mente.
Ma colui che capisce, ama, vede, osserva... (Paracelso)

E' possibile che l'essenza della natura, di qualsivoglia natura, sia "visibile" attraverso il linguaggio dell'arte?
E' una domanda elementare eppure di non facile risposta. Poeti, letterati, pittori hanno investito il loro fare in questa ricerca.
Secondo il mio pensiero anche la ricerca di Emidio Aloisi � leggibile in questo senso. Una ricerca difficile che merita il massimo rispetto.
I suoi soli bianchi non sono solo la rappresentazione del sole ma anche la manifestazione di solitudine che accompagna gli artisti e il loro credo linguistico.
Mi sembra anche che Aloisi senta profondamente la sostituzione avvenuta fra natura e linguaggio. I suoi modi sono minimali e i suoi mondi, cos� come sono realizzati, sembrano opere linguistiche in codice Braille. Comunicabili cio� anche a chi � cieco, anche a chi questa realt� non pu� vederla direttamente.
Nello spazio bianco del pensiero "volano" le forme di Emidio.

Casalmaggiore, 9.1.1999

Marco Nereo Rotelli


Emidio

II suo lavoro l'ho seguito poco ma sono convinto che Emidio Aloisi somigliava al suo lavoro, ho un ricordo che risale alla met� degli anni ottanta, quando insieme a Robert Pan e Filippo Di Giovanni cominciarono l'esperienza della "morsura selvaggia" sulle lastre di incisione, aveva l'entusiasmo e la curiosit� di un adolescente e qualsiasi novit� qualsiasi passo era una sorpresa, una conquista. Mi impressionava vedere come ogni risultato dell'azione di una saldatura, della percussione, dell'abrasione ogni intervento erano attesi al ritorno della stampa, con un segno inciso, l'esperienza della distruzione, della dilatazione del limite fino al punto di rottura, avevano bisogno di ritrovare sulla carta una risposta allo stimolo. Da quel periodo di ricerca di complicit� forte tra Emidio e i suoi compagni, scaturisce gran parte del suo lavoro, soprattutto la coscienza di comprendere appieno che qualsiasi novit�, qualsiasi sperimentazione deve essere mezzo consapevole, ricondotta ad uno stato di controllo, per poter uscire dall'episodico, dal casuale, assumendo cos� la forza consapevole del linguaggio. Da quel sodalizio uscirono fuori le incisioni, i bassorilievi e le sculture, buona parte delle immagini che rivedo oggi in questa raccolta di suoi lavori, il suo affanno per il dominio della materia, raggiunge un suo equilibrio della forma, attraverso la riproposta, dei segni, delle impronte, che si inquadravano in semplici canoni geometrici, in questo caso non con una violazione dell'ordine naturale, ma attraverso la frantumazione della forma coglierne, isolarne un diverso equilibrio, una sua nuova sensibilit�. Il carattere lo poneva al di fuori del mondo ufficiale dell'arte, ma lo privava da vincoli espressivi e ci� lo affianca a diversi docenti-artisti che fanno ricerca pura su alcuni aspetti dell'arte, che risultano alla lunga un importante stimolo per chi ne raccoglie il senso. E' questa la miniera della provincia, che ha tempo di ricercare e formare senza ignorare, evitando di sbandare ad ogni influenza. Il risultato �, si vede, si coglie, sono tracce, segni che si aggiungono a ci� che � senza annullare, senza deformare ma mettendo in luce.

Urbino, 19 giugno 2001

Pino Mascia


Camminava sempre molto velocemente verso una luce di un sole scheggiato verso un riflesso che si proiettava in un bianco lurido muro verso sogni svaniti per arrivare altrove. E' tanto, � troppo il tempo che se n'� andato, e poco il tempo per arrivare l�.

Emidio Aloisi era un essere umano piuttosto alto e sufficientemente pesante da incrinare lastre come se fossero ghiaccio. Un artista spiritualmente incondizionato, duro, deciso, consapevole della propria forza e del proprio valore. Come nell'incisione "II cavaliere, la morte e il diavolo" di D�rer, a lui tanto cara da farne un adesivo 100x70 cm e attaccarlo all'esterno dello sportello del suo vecchio furgone bianco, non ignorava che insieme a lui marciavano, n� poteva essere altrimenti, "La morte e il male" i limiti perenni dell'essere al mondo. La coscienza di questa compagnia lo rendeva pi� determinato a differenza di coloro che vagano nel mondo a occhi chiusi, con la mente ristretta. Un tipo umano cos�, oggi, poteva sembrare fuori luogo, anacronistico, assolutamente inutile se non addirittura pericoloso. Ma � vero il contrario, non perch� voleva dedicare la sua vita a parlare con i suoi simili e a raccontare cose utili, ma perch� insisteva con l'essere una creatura umana diversa, anzich� mediocre. Si scontrava con la dura parete della volont� di un mondo che non considerava la bellezza come una religione.

Urbino, giugno 2001

Paolo Fraternali


Mai come in questo caso le parole mi son sembrate di troppo e devo dirlo, per sbloccare il silenzio; questo silenzio che �, che sento, che vedo quando penso ad Emidio... le sue pause e nel suo sguardo fugace, ma intenso, sembrava che il tempo avesse come un'improvvisa accelerata e chiss� quanti pensieri non detti, quante immagini, quante idee, un vulcano e poi una battuta d'arresto, istantanea, un mezzo sorriso misterioso a chi, a cosa, alla bellezza che solo lui aveva colto, e che con instancabile lavoro avrebbe cercato di tradurre usando la materia, qualsiasi materia, per farcela assaggiare.
La materia � sempre stata la sua sfida, forse per non averla mai veramente accettata; ha cercato di manipolarla per ingentilirla, per renderla pi� simile alla sua anima, fino a farla evaporare... e la sfida l'ha cos� vinta lui... Emidio... l'artista dell'immateriale...

Grazie Mimmo.

Fano, giugno 2001

Daniela Caiulo


Nei primi anni Ottanta, periodo nel quale frequenta l'Accademia di Urbino, Emidio Aloisi, confrontandosi con il lavoro di ricerca degli artisti che insegnano in quella Scuola, ha modo di riflettere anche su esperienze figurative del pi� recente passato.
Si dedica, tra l'altro, allo studio dell'opera di Alberto Giacometti, dei suoi ritratti, in particolare, che descrive lavorati ma allontanati dagli occhi, quasi cancellati nei vestiti e nello sguardo da un colpo di matita che ne aumenta la fisionomia e li rende pi� soli che mai. Nei disegni � attratto dai giri di matita; adoperava matite a mina dura e nonostante segnasse sui fogli le molte righe per definire i soggetti, alla fine l'opera anche se brulicante e lavorata, risulta sempre lontana. A disegno finito dava un colpo di gomma trasversale, e questa cancellatura era l'irruzione delle luce che illumina l'ambiente e lo rende ancora pi� precario. In un taccuino aveva scritto: "Pi� guardo il modello e maggiormente lo schermo fra la realt� e me stesso diventa corposo. Si comincia a vedere la persona in posa, ma a poco a poco, tutte le sculture possibili si mettono di mezzo... tra te e quella persona; pi� la visione reale spariva e pi� la testa diventava sconosciuta. Non distinguevo che innumerevoli dettagli. Per vedere tutto insieme dovevo spostare il modello pi� lontano possibile." La rappresentazione che Giacometti da degli esseri umani � in questa tensione, nel difendere e dare corpo a quello che vede, seguita, subito dopo, dalla necessit� di togliere quello che ai suoi occhi non esiste gi� pi�.
Trascrivendo una lettera del 1884 di Van Gogh, Emidio osserva: Sono numerosi i pittori che hanno paura di una tela bianca, ma una tela bianca ha paura di un vero e appassionato pittore. La vita stessa presenta ogni giorno a un uomo un lato bianco infinitamente banale, scoraggiante, sul quale ci si pu� disperare; un aspetto verginale quanto la tela bianca sul cavalletto.
Su quel lato bianco, Aloisi � intervenuto con appunti di diario quotidiano, le sue opere, nelle quali una magia evocativa tiene insieme oggetto e soggetto, il mondo esterno dell'artista e l'artista stesso. Opere siano esse sculture, dipinti o incisioni, nelle quali svela la propria visione della natura che diventa rilievo, traccia, bianco su bianco, a suggerire desertici sgretolamenti, cosmiche costellazioni, variegate metamorfosi figurative.

Urbino, giugno 2001

Anna Fucili


L'artista � una parola, la sua opera � un verso, non bisogna quindi confondere l'opera con l'artista; quando questi � veramente tale, il suo lavoro non � contenibile, n� spiegabile soltanto in termini biografici. Emidio Aloisi era cos�, un personaggio introverso ma fortemente comunicativo; solitario ma fortemente attratto dalla discussione, specie se riguardava l'attivit� artistica. Apparentemente contrastante, aveva trovato nella contraddizione l'elemento unificante del suo lavoro, quasi una risoluzione alchimistica dell'unione degli opposti. In lui si pu� parlare di tensione assoluta, di gesto reiterato, che nella ripetizione trova un senso estetico liminale, appena percettibile. L'infrasottile, misura di una poetica del misurare, diviene nell'opera di Emidio, una pratica che lo conduce all'apparente azzeramento; apparente perch� le sue incisioni non vivono del segno tracciato, dal rapprendersi dell'inchiostro di stampa, ma vibrano come diceva Bacon: "dell'ottimismo del nulla". Cos� il suo ottimismo d'artista non era quello di creare semplicemente delle forme, o di indulgere in estetici compiacimenti, quanto quello di cercare, fallire, cercare nuovamente e nuovamente fallire (come a volte diceva), cos� da avere lucidamente l'idea che nel fallimento (apparente) � la vera grandezza dell'opera, il suo pi� profondo significato. Concetto non nuovo questo, ma ripetuto da diversi grandi artisti, primo fra tutti Fausto Melotti che soleva dire che "l'artista che ha paura di sbagliare � soltanto un professore". Ecco quindi il bianco delle sue incisioni, una sorta di anestesia estetica, oltre la quale si esperisce il senso della ferita, della lacerazione, del grumo di materia, del solco che solo ad una attenzione non superficiale si tramuta in segno, in forma. Qui � l'altra contraddizione, ci� che appare come "vuoto" � invece un "pieno", un vibrare di appunti luministici resi attraverso la texture del supporto e dei solchi ottenuti dalla pressione della lastra. Nella scultura la poetica di Emidio appare pi� consapevole, pi� ragionata, anche in questo caso � la materia che predomina, sia essa bronzo, gesso o reperto naturale. Il calco di superf�ci rugose che mostrano se stesse ed alludono ad altro, crea suggestive ambiguit�; tutto rimanda ad un altrove mai pienamente definito; il frammento di natura pietrificata, esiste nella sua irregolare materialit�, contraddetta e integrata da forme levigate dove � nettamente visibile l'intenzionalit� dell'artista. Pensiamo ad esempio
ad un'opera, una sorta di basamento che non � tale, ma rimanda alla rugosit� epidermica di certi legni levigati dal tempo, incisi dall'acqua e dal sole, sorta di piattaforma che pu� ricordare le antiche rappresentazioni della terra piatta. Al centro una forma ovoidale, levigatissima, riflettente, quasi un concentrato di materia primordiale, prossima all'esplosione generatrice. Eppure tutto � fermo, immobile, una possibilit� di energia non espressa, l'affermazione di un concetto scultoreo attraverso la sua negazione, un po' come le incisioni a rilievo, a ben riflettere, un equilibrio sapiente fra concretezza e idea, tra il fare e il pensare, tra forma e concettualit�. L'esperienza artistica di Emidio pu� quindi definirsi in una sorta di dualit� fra intenzione e non intenzione, pensiero pensato e pensiero inespresso, fra materia concreta e materia suggerita, in una sorta di oscillazione creativa di profonda sensibilit� teorica. Cos� come egli parlava, tacendo ostinatamente, o taceva, parlando amabilmente, ora le sue opere rompono il silenzio della vista, oppure sommessamente parlano di se stesse e del precoce e totale silenzio dell'artista.

San Giorgio, giugno 2001

Maurizio Cesarini e Sandro Ciriscioli


Poich� io ora cominciavo ad amare personalmente la natura, a prestarle ascolto, come a un compagno che, in maggio con noi, parla una lingua straniera, la mia malinconia non era certo guarita, ma era diventata pi� nobile e pura. (Hermann Hesse, La natura ci parla)

C'� un elemento ricorrente nell'opera di Aloisi, un segno personale che contraddistingue l'intero tragitto, l'attenzione per l'essere della natura.
Qualsiasi sia il materiale o la tecnica scelta, si delinea quasi un gesto di appropriazione dell'artista che, consapevole dell'impossibilit� di rappresentare in termini oggettivi la natura, Poich� questa si rivela di volta in volta diversa a chi ne possiede dentro di s� il "sentimento", ne trattiene solo alcune tracce, quelle che appartengono al suo immaginario.
Le forme, passate attraverso i filtri della memoria, lasciano da parte le loro propriet� mimetiche per rivelare l'essenza pi� intima, un'astrazione ricercata nei luoghi delle allusioni.
Cos� se la rugosit� delle cortecce in bronzo, i loro risvolti scagliosi rimandano a immagini arcaiche, sulla carta delle incisioni si imprimono con forza le orme rarefatte dei fenomeni attraverso i quali la natura si manifesta.
Emidio in questo caso sceglie il bianco assoluto, come a voler fermare questi accadimenti prima che si disvelino completamente, catturandoli nella loro luminosa predatit�.

Rimini, 30 giugno 2001

Cristina Marabini

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Grazie ad Emidio, che come artista, insegnante e amico... ha
sempre dimostrato di saper "accogliere gli altri", apprezzandoli come persone uniche e irripetibili.
La sua capacit� di porsi in empatia e la grande disponibilit� interiore all'ascolto,
mi hanno permesso di vivere, in prima persona, una sorta di "dialogo creativo"...
... dialogo tacito, fatto di silenzi, di pause
in cui tutto ci� che � importante, � proprio ci� che non viene mai pronunciato.
"Dialogo creativo", che nella sua opera in continuo divenire
rimarr� per sempre aperto...
Ciao Paola

Catania, giugno 2001

Paola Artale


Un quadro o una scultura � per Emidio Aloisi un viaggio nelle vene dell'immaginazione, � un'avventura che coinvolge luce e spazio, che alterna sollecitazioni a pure espressioni del pensiero.
Fuori dal supporto tradizionale, Aloisi attesta il rigore della ricerca visiva, il potere evocativo dei materiali governati, l'idea del segno liberante, per darci la trama della sua vita interiore.
Aloisi riesce ad attingere alle fonti vive del meraviglioso per rivelarci la natura del dinamismo plastico, lo sviluppo dei segni nella continuit� dello spazio, il rigore della struttura e la vitalit� delle forme in cui manualit� e fatto mentale sviluppano le forze della sua ispirazione d'artista.

Senigallia, 3 luglio 1997

Mario Giacomelli


La lastra � l'elemento prevalente del mio operare; la situazione: molto spesso pagine di un ipotetico diario quotidiano che viene utilizzato come elemento espressivo e visivo. La mia ricerca � un recupero, un'immagine rarefatta di natura, natura che si svela e che si identifica attraverso una traccia, un rilievo: sino a dare una dimensione fantastica delle cose. Il "bianco" della carta- lo spessore � "luce". Luce che non ha velature, luce che si espande, si infiltra sfiorando morbidamente i segni, riconoscibili e appartenenti alla natura. Frammenti di realt�, di memoria in un progressivo cercare me stesso nei segni, nella scrittura che � l'incisione, tramutarsi in una ricerca autonoma e personale.

Emidio Aloisi